Black Eyed Susan
“Black Eyed Susan” esplora gli abissi della natura umana e le potenziali conseguenze che l’intelligenza artificiale potrebbe scatenare (o ha già scatenato), mettendo in risalto una delle questioni etiche più disturbanti del nostro tempo: la collisione tra le perversioni umane e il progresso tecnologico. In un mondo dove il confine tra reale e artificiale si assottiglia sempre più, il film affonda nel nostro bisogno primordiale - l’amore - per trasformarlo in un prodotto di mero consumo, incarnato dalla creazione della sex-doll Susan.
Questa "creatura", concepita per soddisfare l’uomo violento e possessivo, diventa simbolo di una società che estremizza i ruoli di genere in una rigida dicotomia di dominio e sottomissione, senza lasciare spazio a sfumature o verità intermedie.
Dopo 21 anni di silenzio cinematografico, Scooter McCrae torna con un’opera inquietante e audace - girata in soli nove giorni - trasportando lo spettatore in un futuro distopico e perturbante. Alternando momenti di black humor a scene di profondo disagio, il film tratteggia una realtà esasperata ma radicata nelle nostre paure contemporanee. L’evoluzione dell’IA, ampiamente esplorata in film come “Ex Machina”, viene qui rappresentata in una chiave etica e morale che invita ad una riflessione per nulla scontata: Cosa accadrebbe se la tecnologia assorbisse gli aspetti più oscuri e degradanti delle relazioni umane?
Susan, viene creata per assecondare i desideri di un regista di film pornografici a tema BDSM, ma il suo ruolo va ben oltre a ciò che ci viene mostrato sin dall’inizio dell’opera: rappresenta la riduzione della donna a semplice oggetto di piacere, riflesso di una visione distorta delle relazioni uomo-donna.
Il film ci guida, con crudezza e una calma apparente, attraverso questo scenario, rivelando l’essenza predatoria dell’uomo e la consapevolezza manipolatrice della donna. L’uomo appare senza scrupoli, ridotto a predatore sessuale, ma è davvero tutto così semplice? O forse, come suggerisce il film, viviamo in una società che incoraggia tale visione per mantenere un ordine sociale in cui la donna, pur lottando per i propri diritti, rischia di tradire se stessa e i suoi ideali?
Il film gioca provocatoriamente con la mente dei personaggi e con la nostra, mettendo in discussione la figura del patriarcato, non solo svelando gli abusi del potere maschile, ma anche evidenziando come alcune donne possano sfruttare il ruolo di vittima a proprio vantaggio. Potere e manipolazione trascendono il genere, e questa ambiguità morale permea tutta la narrazione.
Il vero orrore del film non risiede nella violenza o nell’inganno visivo, ma nel deterioramento mentale e nella disconnessione emotiva che affligge i suoi personaggi. In un mondo dove i ruoli si confondono e le vittime pure non esistono, ci si interroga sul prezzo da pagare per la perdita di autenticità.
Mai come oggi, in un mondo dominato da scandali di potere e sessualmente immorali, McCrae crea uno specchio distorto - ma profondamente veritiero - della nostra società. Il disgusto non scaturisce solo dalla brutalità degli atti rappresentati, ma soprattutto dalla consapevolezza che, in molti casi, le donne non sono solo vittime, ma anche complici consapevoli di un sistema che alimenta una sessualità fondata sulla violenza e sulla mancanza di consenso.
“Black Eyed Susan” è un’esperienza devastante, destinata a lasciare nello spettatore un forte senso di angoscia e tristezza, dove la morale emotiva si dipinge di un velo cupo ed inquietante del nostro futuro... ormai alle porte.
Il regista Scooter McCrae, insieme ad un'eccezionale cast (Damian Maffei nel ruolo di Derek - Yvonne Emilie Thalker una meravigliosa Susan, al suo primo ruolo d'attrice), ha saputo rappresentare tutto questo malessere in uno dei film più scioccanti dell’anno.
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