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Dariuss



Con un'intro che evoca le atmosfere del primo cinema muto, il film si muove rapidamente attraverso i territori della video-art degli anni '70, per poi sfociare in un epilogo caratterizzato da un approccio più sperimentale dal sapore psichedelico e molto "urban".



Le immagini apparentemente a sé stanti, seppur legate da un filo conduttore, prenderanno forma e comprensione negli attimo finali di questo medio-metraggio diretto e scritto da Guerilla Metropolitana, giovane artista italiano trapiantato nella frenetica Londra. Due mondi che si incontrano dove il perbenismo trova la sua via di fuga in un'ambiente liberatorio dove la sperimentazione e l'eccesso è permesso.


"Dariuss" non è un film nel senso tradizionale del termine, bensì di un'esperimento visivo e sensoriale che si spinge oltre i limiti dell'estremo, con una forma stilistica volutamente ricercata e provocatoria.



La sessualità assume una valenza perversa, diventando un meccanismo di autodifesa e consolazione per il dolore, esplorato in maniera assai esplicita e contorta, da suscitare nello spettatore un profondo senso di disgusto e disagio. Non c'è nulla di più disturbante della ricerca di conforto attraverso l'atto più edonistico che l'essere umano conosca, quello che alcuni chiamano "lo squisito dolore". Sesso e morte, sesso e sangue, sesso e dolore... viscere.


Un'opera non facile da digerire; la sua trama non lineare e la sua estetica dura e bizzarra potrebbe scoraggiare o non essere apprezzata dai fan dell'horror più classico, ma per chi è disposto a lasciarsi trasportare nel mondo oscuro e fuori dagli schemi creato da Guerilla Metropolitana, l'esperienza sarà senza dubbio memorabile. 



"Dariuss" sfida le convenzioni e il perbenismo del cinema contemporaneo, tornando alle sue origini dando un valore - ormai perso - alle immagini, lasciando che parlino per sé. Trascinando lo spettatore in un viaggio senza ritorno, dove lo sguardo è fisso sullo schermo mentre la mente vaga nei suoi meandri più oscuri e visionari, generando pensieri impuri e lasciando un senso di orrore e di esaltazione.


La tradizione cinematografica scompare lasciando spazio alla libertà creativa di un giovane regista capace di creare disturbo e disgusto in un meraviglioso gioco di colori, immagini distorte, suoni e musiche che danno vita ad un'atmosfera snervante dal quale si vuole scappare il più in fretta possibile, ma che al tempo stesso intrappola la mente in una trance ipnotica, mentre la sua narrazione cerca di prendere forma.



I temi trattati e la loro interpretazione sono lasciati alla libera interpretazione dello spettatore. Tuttavia, ciò che emerge chiaramente è l'esplorazione di come la mente umana affronti il lutto di una persona cara, tra inganno, disillusione e perdita di lucidità, fino a scivolare nella deriva più estrema che la psiche possa conoscere: la malattia.

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