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Fréwaka



Il cinema irlandese sta guadagnando sempre più attenzione, portando sul grande schermo la sua ricca tradizione pagana, l’oscura demonologia e l’oppressione cattolica che ne ha segnato la storia, offrendo film suggestivi e atmosferici che non rinunciano mai a far riflettere lo spettatore...proprio come fa il film "Fréwaka", titolo che prende ispirazione dalla parola irlandese "fréamhacha", che significa "radici". 



Questo è uno di quei film che devono essere visti sapendo il meno possibile; in realtà, tutti i film meriterebbero questo approcciati. Ma con "Fréwaka" questa regola diventa essenziale. Aislinn Clarke, al suo secondo lungometraggio, dopo l'interessante debutto "The Devil's Doorway", ci propone un film che sin dai primi minuti, ti scuote profondamente, lasciandoti a bocca aperta e con lo sguardo sbalordito ed incollato allo schermo.


Vi basti sapere che la trama ci porta a seguire il viaggio di Shoo, una giovane donna che viene inviata in uno sperduto villaggio per occuparsi di una donna agorafobica che teme entità sinistre, i Na Sídhe. Man mano che il rapporto tra le due diventa sempre più complice, le superstizioni e i rituali dell’anziana spingeranno Shoo a confrontarsi con gli orrori del proprio passato.



Il film si distingue per la sua capacità di creare una tensione crescente che tiene lo spettatore con il fiato sospeso dall'inizio alla fine. La regia della Clarke sfrutta magistralmente l’ambientazione e la fotografia per costruire un mondo tanto familiare quanto inquietante, mantenendo il pubblico costantemente sul filo del pericolo. Ogni dettaglio è curato con grande astuzia, arricchendo ogni scena di intense sfumature emotive.


I personaggi son ben costruiti e presentati con grande cura, grazie a una sceneggiatura complessa ma scritta con maestria, permettendo al film di esplorare temi profondi senza mai perdere ritmo o l'interesse nello spettatore.



"Fréwaka" ci avvolge in un’atmosfera sinistra, rivelando solo il necessario e lasciando che la mente si addentri in un vortice in cui il sovrannaturale si intreccia con la violenta repressione esercitata dalla Chiesa sulle donne. Un tema già esplorato nel precedente lavoro "The Devil's Doorway", che qui evolve in un sotto-genere dove i problemi psichici e socio-culturali del passato riaffiorano in un mondo moderno, smarrito e in cerca delle proprie radici. In un contesto dove l’occulto si trasforma in un fanatismo dal sapore satanico, esponendo traumi e ansie latenti.


Perché dal passato non si può fuggire, e il presente è sempre pronto a ricordarcelo, sia che si tratti di questioni personali o culturali.



Un film che fonde perfettamente questi due elementi, dando vita a un'incubo perverso in cui una piccola comunità rurale irlandese, lontana dal progresso caotica delle grandi metropoli, ricrea una sorta di clero che perpetua la violenza fisica e psicologica su menti e corpi già tormentati dai propri demoni.


Come una maledizione ancestrale, che non offre redenzione, ma lascia che il male si impossessi della purezza della guarigione emotiva.

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