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Les Chambres Rouges



O più conosciuto con il titolo internazionale, Red Rooms.


Questo film presentato in vari festival e vincitore tra i tanti del TOhorror 2023 e diretto da Pascal Plante, è un viaggio assai torbido dentro il mito delle così dette Red Rooms presenti nel Deep Web, dove le perversioni più raccapriccianti prendono vita.



Il film ci apre le porte al processo di un predatore/omicida, Ludovic Chevalier, ai danni di tre ragazzine, finite vittime di queste stanze dove persone alla ricerca del brivido più oscuro che si possa immaginare spendono quattrini di bitcoin per vedere le peggio torture in diretta.


Ormai siamo passati dal mito alla certezza che questi luoghi esistono e siamo sempre più invasi da storie agghiaccianti che arrivano da questo mondo sotterraneo anche grazie al cinema che negli ultimi anni sta portando alla luce ed indagando su ciò come fosse un'inchiesta giornalistica, raccontandoci i retroscena che si nascondono dietro questo fenomeno.



Quello che il film ci propone è qualcosa di veramente fastidioso, schifoso e angoscioso.


Il processo è solo un'espediente per seguire le mosse di Kelly-Anne, modella e accanita giocatrice di poker online, con buone conoscenze da hacker, che presenzia ad ogni udienza con una morbosità molto sospetta che ci porta a doverci scontrare con la parte più buia e malata del nostro io.


Il confine tra ammirazione e disprezzo, voyeurismo e giustizia, si confondono in un soggetto che vi lascerà un vuoto incolmabile.



La freddezza delle immagini, le poche parole detto e gli sguardi che guardano dritto in camera ci fanno vivere tutto l'orrore che ci viene raccontato senza mai essere mostrato. La sola connessione con questa mostruosità la possiamo solo sentire attraverso i suoni e le urla strazianti delle vittime.


Restiamo storditi ed increduli davanti ad una rappresentazione di un mondo che vive in totale apatia e si nasconde dietro uno schermo che maschera le nostre perversioni convinti che nessuno possa vedere, ma la maschera prima o poi cade e ci denuda al cospetto del "giudizio universale" per quello che siamo, ripercuotendosi sulla nostra vita e rompendo lo specchio delle illusione.


Perché non ammettere di guardare l'osceno ci fa convincere della nostra innocenza, ma ci rende tanto complici di atti vigliacchi tanto quanto chi li commette.



Il subdolo gioco della protagonista si muove tra il godimento nel guardare il male negli occhi e beffarsi di chi soffre delle perdite subite, con un diversivo che ha come scopo finale il più infido dei piani per un tornaconto personale, sinistro e spregevole.

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