The Soul Eater
“The Soul Eater” si inserisce nell’attuale tendenza del cinema contemporaneo a rappresentare l’orrore annidato non più nei labirinti urbani, ma nei piccoli villaggi di provincia, dove l’apparente armonia delle comunità cela oscuri segreti, esplorando il contrasto tra la facciata di unità e la realtà inquietante che si nasconde sotto la calma apparente della sua superficie.
Sebbene il tema dell’orrore in ambienti isolati e “familiari” non sia nuovo al genere horror - e non solo - “The Soul Eater” tenta di differenziarsi puntando sulla coesione e sull’incrollabile dedizione dei suoi personaggi a una forza misteriosa e soprannaturale, i cui contorni alquanto spigolosi si delineano gradualmente.
L’inizio della storia offre un’entusiasmante premessa: un detective, Franck (Paul Hamy) viene mandato nelle remote montagne francesi per investigare su una serie di misteriose scomparse di bambini. Durante l’indagine incontra Elizabeth (Virginie Ledoyen), un’altra detective impegnata in un caso di un brutale duplice omicidio riguardante una una coppia locale. La convergenza dei due casi sembra evidente, anche se il legame rimane oscuro fino a quando le trame non si intrecciano in modo più profondo e quasi inaspettato.
L’aspetto più interessante del film è lo sviluppo psicologico dei protagonisti, tormentati da un passato inquieto che aggiunge una dimensione più intima e intensa alla storia. Un parallelismo che eclissa la trama principale e forse la parte meglio sviluppata e degna di nota del film che offre un livello di complessità inedito che spinge lo spettatore a guardare oltre l’orrore visibile.
I registi Alexandre Bustillo e Julien Maury, noti più per l’acclamato “À l’intérieur - Inside”, abbandonano l’estetica estrema della French Extremity (non per la prima volta) per approdare ad un thriller-psicologico mutante di elementi tra leggende e gore, anche se, a tratti, prevedibile. Il film mantiene una tensione costante, tuttavia, il climax narrativo si disperde in un plot twist poco chiaro, con rivelazioni frammentarie e una quantità eccessiva di domande lasciate senza risposta.
Un’immaginario che si muove tra creature immaginarie, leggende ancestrali e una comunità manipolata dal terrore atavico, funziona nel creare un’atmosfera minacciosa, che evoca la perdita dell’innocenza. Tuttavia, “The Soul Eater” non riesce a costruire una coerenza solida ed intrigante del suo racconto; il potenziale dell’intreccio narrativo si perde lungo il percorso, e il film fatica a tenere viva l’attenzione del pubblico fino alla sua conclusione, che risulta affrettata, lasciando aperte troppe porte con un finale sconclusionate che non va da nessuna parte.
Il coinvolgimento dei personaggi nelle atrocità commesse, pur essendo una delle principali linee di tensione, è prevedibile e non riesce a sorprenderci fino in fondo. La scelta di svelare la vera essenza del mistero solo negli ultimi minuti appare intenzionale, ma, in un’opera di due ore, lascia l’impressione che molto del materiale “da favola nera” sia stato sviluppato solo in superficie, senza mai raggiungere una profondità persuasiva.
“The Soul Eater” non è un brutto film, ma resta un’opera che lascia intravedere un potenziale inespresso. Una produzione ambiziosa - tratta dal libro "Le Mangeur d'âmes" scritto da Alexis Laipsker - che, pur affrontando con coraggio alcuni dei timori più radicati nelle comunità campestre che si proiettano nel “mondo in movimento”, manca di quella coerenza necessaria a sostenere l’impatto terrorifico ed emotivo fino alla fine.
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