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Titicut Follies



Documentario del 1967 diretto da Frederick Wiseman, che offre uno sguardo crudo e spietato sulla vita all'interno del Bridgewater State Hospital, un istituto penale per pazienti affetti da disturbi mentali in Massachusetts.


Il film, girato in bianco e nero, utilizza il metodo del "Direct Cinema", genere documentaristico che enfatizza l'osservazione, la stilizzazione limitata e il non intervento dei registi.



Wiseman, attraverso la sua macchina da presa, ci porta direttamente nel cuore delle pratiche e delle condizioni disumane vissute dai detenuti. La forza del documentario risiede nella sua capacità di rivelare la brutalità quotidiana e la mancanza di dignità a cui sono soggetti gli internati.


Il regista non offre giudizi espliciti, ma le immagini - dalle ispezioni corporali umilianti alle interazioni spesso spietate tra il personale e i pazienti - sono più eloquenti di qualsiasi commento.



Uno degli aspetti più scioccanti del film è l'assenza di privacy e la costante deumanizzazione dei pazienti. Le riprese mostrano uomini nudi e malnutriti, confinati in celle spoglie, trattati più come oggetti che come esseri umani. Le scene di alimentazione forzata, di umiliazione e di completa indifferenza da parte del personale medico e di custodia lasciano un segno profondo nello spettatore.


La mancanza di una colonna sonora o di una narrazione aggiunge un ulteriore livello di realismo e immedesimazione. Il silenzio che pervade molte scene contribuisce a creare un'atmosfera opprimente, che amplifica il senso di disperazione e di abbandono che permea l'intero istituto.



Il documentario è stato al centro di numerose controversie, tanto da essere bandito dalla distribuzione pubblica per oltre due decenni, con l'accusa di violazione della privacy dei detenuti. Tuttavia, questo film rimane una testimonianza potente e necessaria delle ingiustizie e degli abusi che possono verificarsi in istituti chiusi e lontani dagli occhi del pubblico.


"Titicut Follies" è un capolavoro del cinema documentaristico che mette a nudo la realtà disturbante di un'istituzione totalitaria.



Ma se nella nostra società moderna c'è più consapevolezza e cure più o meno adeguate, questo documentario apre in un qual modo un varco verso un mondo, quello della medicina psichiatrica, che si evolve e guarda ai disturbi e alle malattie della mente con occhi progressisti, ma che rimane intrappolata nel suo spettro di un passato che non è solo un brutto ricordo, ma una rincorsa ad analisi frettolose e sbagliate, che lasciano il paziente ancora chiuso in quelle gabbie dove l'unico aggrappo ad una via d'uscita rimane solamente la silenziosa e opprimente solitudine della mente.

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