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Tyrannosaur



Il cinema britannico ha da sempre mostrato una forte inclinazione nel ritrarre la realtà della working class, sempre più frustrata e disillusa. Questa tendenza riflette una nazione che, pur presentandosi al mondo con un'apparente apertura, cela un lato oscuro, cupo e ribelle, incarnato dai suoi personaggi.


Tuttavia, anche nel disorientamento più profondo, persiste una sempre vivida speranza di rinascita.



Questo film è un boccone amaro difficile da digerire. Un viaggio emotivo intenso e provocatorio che esplora la solitudine umana e la follia scaturita dalla violenza, sondando le profondità oscure del dolore e delle conseguenze del trauma umano.


Nel suo debutto del 2011 come regista, l'attore Paddy Considine ci immerge in un ritratto crudo della Gran Bretagna di quegli emarginati da bassifondi, sommersi dai propri fantasmi e dai propri dolori, in cui due personaggi complessi, soli e alla deriva si incontrano casualmente in un tentativo di affrontare i loro demoni interiori e la loro autodistruzioni. Un'abile narrazione che esplora i traumi psicologici in un viaggio verso l'abisso personale.



Ma se all’apparenza potrebbe sembrare un film sul degrado sociale, in realtà punta tutta la sua forza sulle caratteristiche emotive dei personaggi che si incontrano e si intrecciano in una ricerca autolesionistica di compassione e un nuovo amore per se stessi e per la vita.


I due protagonisti sono Joseph, un’uomo distrutto dalla perdita della moglie che affonda il suo dolore nell’alcool, nella solitudine e nella violenza più ignobile e Hanna, donna di fede, ma distrutta ed imprigionata in un matrimonio con un’uomo viscido, disgustoso che ne abusa senza pietà. Il loro incontro darà vita ad un cammino tortuoso dove le emozioni si confondono e nonostante la ricerca di comprensione, il risultato è l’allontanamento, l’auto-sabotaggio come forma di difesa dalle troppe delusioni che la vita ha loro riservato.



Non è cosi difficile immedesimarsi nei personaggi, in quanto esseri persi nei loro dolori e negli abusi inflitti ed auto-inflitti, ma che risuonano come un eco di prospettiva, di cambiamento, anche se ormai disillusi della propria condizione, che non lascia intravedere nessuna via d’uscita.


Eccessivo, a tratti grottesco, ma nel senso più vero e crudele del termine, dove scavare nelle menti di due figure cosi complesse e semplici allo stesso tempo che in fin dei conti sono alla ricerca di ciò che tutti noi stiamo cercando. L’amore per noi stessi e quell’amore che abbiamo bisogno di dare.



Duro, freddo, glaciale, così come la sua nazione che però si colora di speranza in nuove promesse di rinascita.


Il film non è una visione facile e lascia scossi anche le menti più anestetizzate, perchè rimanere indifferenti davanti a tanta devastazione personale e violenza inaudita è come un’ammissione di colpa che tutti i nostri sproloquiare sulla violenza e sulla salute mentale, siano solo cliché di convenienza che oggi vanno tanto di moda, ma compresi solo superficialmente.

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