Zalava
Gioiellino praticamente sconosciuto che unisce il cinema di genere all’afflato politico a cui generalmente si riconduce, nella mente di ogni cinefilo alla visione di un certo tipo di film.
Questo film iraniano, Zalava, del 2021 diretto da Arsalan Amiri, oltre a dare il titolo al film è paesino (immaginario) Curdo-Iraniano, e ambientato poco prima di un evento deflagrante universalmente noto anche a chi non si occupa in maniera approfondita della storia del Paese: La rivoluzione Khomeinista.
L’umore profondo di un Paese è sempre situato nel suo entroterra e nella sua provincia, terre a se stanti, lontane e incontaminate dall'evoluzione culturale che lascia spazio a credenze e superstizioni che si impossessano dei propri abitanti, come il demone Jinn, che Amiri utilizza per descrivere un terreno fertile dove la repubblica islamica sciita trova il suo seme dove interrare il suo pensiero monarchico.
L'integralismo così come gli spiriti possono infestare corpi, uccidere armenti, prosciugare falde acquifere, e si possono combattere in due modi: o tramite un esorcista, o sparando il posseduto alle gambe, facendo scaturire dall’arto un fiotto di sangue “salvifico”.
Metafora singolare, in quanto la gambizzazione rappresenta una punizione, severa ma non mortale. Per culture così diverse come quella islamica e alcuni esempi di terrorismo politico europeo, che trovano il proprio consenso nella considerazione educativa di questa pratica verso chi devia da una presunta ortodossia. E su questo punto potremmo soffermarci a riflettere a lungo.
"Zalava" offre uno sguardo penetrante sulle dinamiche sociali e politiche di una comunità rurale negli anni '70, poco prima della rivoluzione che ha portato l'Iran dall'essere uno dei paesi arabi più all'avanguardia ad uno dei paesi più severi e castranti dell'Oriente.
La trama si svolge nel villaggio di Zalava, noto per essere perseguitato da una misteriosa entità maligna che incute terrore tra gli abitanti. Il film esplora temi di superstizione, autorità e controllo sociale, mettendo in luce la tensione tra tradizione e modernità.
Il villaggio è immerso in credenze arcaiche e superstizioni che influenzano profondamente la vita quotidiana dei suoi abitanti. La figura del medico e del gendarme rappresenta l'incursione della razionalità moderna e della scienza, in contrasto con le credenze popolari.
La lotta tra il razionale e l'irrazionale diventa una metafora per il più ampio conflitto tra progresso e tradizione.
Politicamente, esplora il tema dell'autorità e del potere. Il controllo che la paura esercita sulla popolazione è un potente strumento nelle mani dei leader politici, che possono manipolare le credenze più genuine e progressiste, per mantenere il loro dominio.
Così come la paura dell'entità maligna diventa un mezzo di controllo e potere, creando un clima di tensione ed isteria. Una dinamica dove la paura viene utilizzata come strumento di controllo.
Un film che parla di un passato che ha distrutto un paese per ideali di onnipotenza, distruggendo la propria cultura e i valori guadagnati da un popolo modernista ma che faceva paura al mondo.
Astuto, intelligente e provocatorio. Un film dal pathos lento, ma che non può mancare alla visione degli amanti del cinema ben fatto, senza inutili e scontati retroscena, dalla trama ben scritta e riflessiva.
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